Dopo la strage di Parigi, una riconciliazione profonda è necessaria
LA COMUNITÀ PER LO SVILUPPO UMANO si unisce agli altri Organismi del Movimento Umanista di cui è anch’essa espressione, nella condanna degli attentati di Parigi del 7, 8 e 9 gennaio scorsi. Vuole cogliere l’occasione per fare una riflessione utile a tracciare una risposta alternativa a quanto accaduto poiché c’è il rischio che dia l’avvio a una nuova stagione di barbarie a livello internazionale. Quanto è avvenuto a Parigi, ha sconvolto centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo, soprattutto in Europa, provocando miriadi di testimonianze di solidarietà e di protesta, non solo per il fatto in sé, ma perché è stata attaccata una città e una Nazione che è simbolo dall’Illuminismo, dei più alti valori umani quali la “Libertà, l’Uguaglianza e la Fraternità” e che è stata la sede il 10 Dicembre del 1948, della Dichiarazione Internazionale dei Diritti Umani.
Non si può però ignorare che proprio in quei giorni altre atrocità si consumavano in Nigeria, in zone come Baga e Doron Baga, ad opera di Boko Haram nel silenzio dei media ufficiali che ancora una volta hanno usato “due pesi e due misure” impedendo così all’opinione pubblica di conoscere una realtà di morte e distruzione avvenuta nell’assoluta indifferenza non solo dei mezzi d’informazione, ma delle stesse Nazioni Unite.
La Comunità per lo Sviluppo Umano mette l’accento sul dovere dei mezzi di comunicazione e dei Governi, di dare lo stesso valore e pari dignità a tutte le vittime di questo sistema mondiale ingiusto, affermando che prima di essere “Charlie”, “Nous sommes tous des êtres humains” (Noi siamo tutti esseri umani).
Anche se all’indomani degli attentati di Parigi il Presidente francese François Hollande ha invitato ad evitare confusioni tra estremisti violenti e musulmani moderati, l’informazione manipolata sta portando a una nuova “caccia alle streghe” in cui musulmano o arabo diventa sinonimo di terrorismo e ciò fomenta sentimenti di xenofobia, razzismo e odio tra la gente comune e s’ignora deliberatamente che molto spesso le prime vittime sono proprio persone di religione musulmana.
Si stanno creando le condizioni per uno “Scontro di Civiltà”, per una “Guerra di religione” che ha l’obiettivo solo di favorire le banche, l’economia di guerra, le industrie delle armi, gli unici che hanno da guadagnarci da questa escalation di violenza e che continuano a perseguire i loro scopi nella più assoluta mancanza di rispetto della vita umana.
La Comunità per lo Sviluppo Umano invita a riflettere sulla responsabilità dei governanti dei Paesi Occidentali - nonché dei media - che così facendo, si fanno complici nel alimentare un clima già esasperato dalla crisi economica e sociale che sta colpendo il mondo intero. Sono complici perché puntano il dito con uno sguardo volutamente “miope”, dimenticando che hanno delle responsabilità molto precise su quanto è accaduto dall’11 settembre del 2001 fino ad ora; responsabilità che risalgono ai secoli precedenti quando hanno perseguito – e sotto nuove forme lo fanno ancora - delle scellerate politiche coloniali proprio in Asia e Africa, in molti di quei Paesi che oggi sono bacino di terroristi. Per secoli hanno sfruttato popoli interi sottraendogli ricchezze e risorse naturali e hanno impedito che ottenessero la propria libertà se non a costo di enormi spargimenti di sangue.
E’ da queste terre che arriva la stragrande maggioranza degli immigrati con il legittimo diritto di vivere in condizioni migliori e che si trasferisce proprio in quegli ex imperi coloniali che, come la Francia, non sono riusciti ancora a creare una vera integrazione culturale e sociale di queste persone, confinandole nelle difficili periferie. Molto spesso, come dice anche l’antropologo Farhad Khoskohavar, definendoli “born again”, gli stranieri cresciuti nei Paesi occidentali come la Francia, diventano preda dei fondamentalismi perché “pen¬sano di rina¬scere dalla deso¬cia¬liz¬za¬zione di cui si sen¬tono vit¬time”.
Sempre lo stesso presidente francese Hollande, ha affermato che "Il fondamentalismo islamico si nutre di tutte le contraddizioni, delle povertà, dei conflitti non risolti da troppo tempo”. Ciò corrisponde alla nostra visione, però riteniamo che nel concreto, manchi ancora da parte dei Paesi occidentali un’analisi critica e approfondita delle proprie responsabilità nonché una risposta efficace a questa drammatica situazione mondiale.
Da ormai troppo tempo si è innescata una spirale di violenza che può solo portare ad altra violenza. L’unica alternativa reale per interrompere questa catena è per noi la Nonviolenza attiva.
Bisogna cominciare a installare una nuova cultura basata sul ripudio della violenza in tutte le sue forme, anche quelle più larvate. E’ necessario creare una nuova coscienza nei popoli ed educare le nuove generazioni alla nonviolenza. Questo processo è lento ma inesorabile ed è l’unico possibile per uscire dal rischio sempre più tangibile di una nuova terrificante e distruttiva guerra mondiale.
Riteniamo necessario rilanciare con forza nei Paesi occidentali una vera cultura dell’integrazione basata non su un’”assimilazione”, intesa come assorbimento passivo dell’”altro-diverso-da me”, ma su un reale integrazione, in cui le diverse culture dialogano, convivono e non si isolano reciprocamente.
Occorre che i Paesi occidentali portino avanti una politica di Disarmo, partendo dal rispetto degli accordi internazionali già vigenti.
Infine, crediamo ora più che mai necessaria un’azione di riconciliazione con un passato storico che ancora pesa sul destino dei tanti popoli che nei secoli hanno subito e subiscono ancora violenza e oppressione. Una riconciliazione che deve coinvolgere i Paesi oppressori chiamati ora a creare con urgenza delle reali politiche di accoglienza e integrazione, smettendo di armare a momenti alterni, quegli stessi terroristi che poi definiscono nemici il giorno dopo. Il problema del terrorismo non si risolverà mai fomentando altre guerre e uccidendo i terroristi ma eliminando le ragioni profonde del loro agire.
Silo (Mario Rodriguez Cobos), nostra Guida, fondatore dell’Umanesimo Universalista, in un suo discorso del maggio 2007, in merito alla riconciliazione, affermava: “Riconciliarsi non è dimenticare, né perdonare, è riconoscere tutto quello che è accaduto e proporsi di non passare per lo stesso cammino due volte, ma disporsi a riparare doppiamente i danni prodotti”.
Solo attraverso un percorso di Riconciliazione, i Paesi occidentali potranno dare impulso a una vera politica estera di Pace e di rottura di quel circolo vizioso di violenza, generatrice di altra violenza.
Gennaio 2015
Equipe di Coordinamento Mondiale
La Comunità per lo sviluppo umano